Il Dolore va in vacanza?
È esperienza comune che lo stato di salute sia significativamente influenzato dai cambi di temperatura stagionali. Sebbene sia chiara la correlazione tra periodo invernale e diagnosi di alcune malattie come quelle cardiovascolari e la sindrome metabolica (1), negli ultimi anni, diversi studi hanno indagato la stagionalità di alcune condizioni muscolo-scheletriche, come l’artrite reumatoide, l’artrosi, il mal di schiena, la fibromialgia e i dolori articolari in generale. Un recente studio di Ciaffi et al. (2) ha analizzato quali fossero i termini più ricercati nel web riguardanti il dolore muscolo-scheletrico nelle diverse stagioni. In particolar modo, sono stati presi in esame i dati derivanti da strumenti come Google trends e Wikipedia Page Data dei termini “lombalgia”, “mal di schiena”, “dolore lombare”, “dolore alla schiena” ed è stato rilevato che il volume della ricerca era significativamente influenzato dalla stagionalità. Il numero di ricerche sul web su tali condizioni ed eventuali rimedi, infatti, presentava una tendenza negativa durante l’estate con una significativa differenza rispetto al periodo più freddo. Chiaramente, tale metodo di analisi, seppur suggestivo e spunto di riflessione, presenta diversi limiti in quanto non rifletterebbe con affidabilità un reale aumento del numero di pazienti con riattivazione della malattia, soprattutto considerando le forme reumatologiche. Il riscontro di questo risultato sembra trovare diverse spiegazioni. In primis, è noto il fatto che le variabili meteorologiche come temperatura e umidità possono modulare il dolore cronico. In particolar modo il calore ridurrebbe la rigidità delle articolazioni che potrebbe intensificare la risposta nocicettiva, soprattutto in articolazioni che presentano un proprio grado di infiammazione e quindi con nocicettori sensibilizzati. Anche i cambiamenti della pressione barometrica possono causare uno squilibrio transitorio nella pressione corporea che può sensibilizzare le terminazioni nervose, e quindi un aumento del dolore, che precede frequentemente i cambiamenti di temperatura o umidità. Infine, le stagioni influenzano significativamente l’umore delle persone. Nella stagione invernale in genere ci si dedica di più al lavoro e meno al tempo libero, a causa delle condizioni meteorologiche che possono ostacolare le attività sportive. In letteratura troviamo dati di associazione tra aumento del dolore muscolo-scheletrico e periodo invernale, seppure non conclusivi. Ad esempio, uno studio effettuato alle latitudini polari ha riscontrato una riduzione del dolore nelle stagioni estive, sebbene la variazione dell’incidenza di tale sintomatologia, seppur statisticamente significativa, sia meno importante rispetto alle nostre latitudini (1). Nella stagione invernale un aumento di peso a causa di una dieta più calorica ed un comportamento sedentario correlano significativamente con l’insorgenza di mal di schiena. Inoltre, l’attività lavorativa, generalmente più intensa nel periodo invernale, determina maggiore stress ed ansia con un aumento della percezione del dolore (3). Una recente survey multicentrica di carattere internazionale ha evidenziato su un campione di quasi 200 mila persone una maggiore incidenza di più del doppio di episodi di mal di schiena nei soggetti con disturbi mentali, come depressione, psicosi, disturbi del sonno, ansia e stress (4). Un altro aspetto correlato alla stagionalità è sicuramente quello legato all’esposizione solare e l’aumento di produzione di vitamina D. Sempre più studi evidenziano che ridotti livelli di vitamina D correlano con un aumento della percezione del dolore. Ad esempio, una systematic review riporta un valore significativamente inferiore di vitamina D nei soggetti con artrite, dolore muscolare e dolore cronico diffuso (5). Nello specifico, l’analisi di 19 studi ha evidenziato che bassi livelli di vitamina D si associano ad un rischio maggiore del 60% di avere lombalgia, e di più del doppio nei soggetti con grave carenza vitaminica (6).
Considerando le patologie di tipo reumatologico, l’incidenza delle loro riacutizzazioni sembra essere influenzata dai cambi stagionali. Uno studio epidemiologico ha evidenziato che circa il 50% dei soggetti analizzati su un campione di circa 1500 pazienti affetti da malattia reumatica ha riportato una esacerbazione dei sintomi come dolore, severità globale e affaticamento a causa dei cambiamenti stagionali. In particolar modo, è stato riscontrato un peggioramento del dolore nei mesi invernali (dicembre e gennaio) mentre in estate la sintomatologia sembrava migliorare significativamente (luglio) (7). Particolare interesse va riservato ai pazienti con fibromialgia che sembrano presentare un significativo aumento della sintomatologia dolorosa, in associazione ad ansia e depressione nel periodo invernale (8). Probabilmente, proprio il peggioramento delle condizioni piscologiche tipico dei periodi invernali, caratterizzati da un ridotto numero di ore di luce e temperature più rigide, sembra essere alla base di una maggiore percezione del dolore muscolo-scheletrico. Tale variazione stagionale sembra essere più percepita per motivi ancora non noti, nei pazienti fibromialgici rispetto ai pazienti con artrite reumatoide, soprattutto in termini di dolore, energia e sonno ristoratore.
Tra i vari aspetti riscontrati, proprio la di vitamina D sembra avere un ruolo centrale nella modulazione del dolore muscolo-scheletrico. Gli effetti extra scheletrici di tale vitamina sono ben noti, e nella fattispecie hanno sia un forte effetto immunomodulatore in senso antinfiammatorio sia un effetto diretto sul dolore. Gli effetti antinfiammatori sono essenzialmente associati alla capacità di ridurre il rilascio di citochine pro-infiammatorie come la prostaglandina E2 (PGE2), il Tumour Necrosis Factor α (TNF- α) ed il Leukotriene B4 (LTB4). Inoltre, attraverso l’induzione degli AMP, la vitamina D influenza anche la risposta mediata dalle cellule T favorendo la risposta delle cellule Th2 e Treg, reprimendo le cellule Th1 (9). Nella fattispecie delle malattie reumatiche, uno studio su pazienti fibromialgici ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo del dolore e della qualità della vita nei pazienti che assumevano una supplementazione di vitamina D (10). In tale studio, l’integrazione di vitamina D ha portato una diminuzione dei livelli di citochine infiammatorie correlate al dolore nel plasma, come la prostaglandina E2 (PGE2), il TNFα e leucotriene B4 (LTB4) (11).
In conclusione, sebbene i dati in letteratura siano scarsi, il tema della stagionalità del dolore sembra essere di particolare interesse. Il trend riscontrato dall’analisi dei dati derivanti dai motori di ricerca potrebbe essere un punto di partenza per sviluppare un’assistenza dedicata ai pazienti, fornendo le adeguate risposte basate sull’evidenza a coloro che soffrono di dolore muscolo-scheletrico.
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