La gestione del dolore cronico muscolo-scheletrico nell’era della pandemia COVID-19: nuove soluzioni per un’emergenza
La pandemia della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), con le sue multiformi e spesso imprevedibili manifestazioni cliniche, ha reso manifeste le molte insufficienze del nostro sistema sanitario. La gestione del dolore cronico durante la pandemia è divenuto un processo impegnativo, soprattutto per la crescente frequenza di dolore muscolo-scheletrico, di dolore riferito e/o di un’iperalgesia diffusa associate all’infezione da COVID-19.
I problemi che affrontano i pazienti con dolore cronico nell’era COVID-19 possono essere suddivisi in problemi di dolore pre-esistente che risulta esacerbato dalla pandemia e problemi specifici comparsi a seguito della pandemia.
Nel primo caso il dolore muscolo-scheletrico preesistente può essere esacerbato, sia da un uso inappropriato di farmaci (in particolare per autosomministrazione) o da comportamenti incongrui, come anche da un significativo impatto di componenti psico-emozionali (vedi ansia e depressione causate dalla paura dell’epidemia e del contagio).
Nel secondo caso il dolore compare per problemi collegati all’epidemia ed alle procedure preventive, diagnostiche e terapeutiche che quest’ultima comporta.
La pandemia COVID-19 ha portato con sé anche una pletora di nuovi problemi che esitano in un dolore cronico.
La strategia del “lockdown” ha sicuramente comportato un significativo aumento dell’inattività e a un decondizionamento in particolare nei pazienti anziani, categoria che più faceva affidamento sulla fisioterapia o sui programmi di attività fisica adattata come parte del loro regime di gestione del dolore. Accanto a ciò, l’insorgenza o l’esacerbazione di problemi di salute mentale, come sindromi ansiose, depressione, disturbo post-traumatico da stress e disturbo da dipendenza da alcol, hanno assunto dimensioni preoccupanti.
In molto paesi occidentali, la pandemia COVID-19 ha rappresentato un elemento peggiorativo delle dipendenze da sostanze, in particolare da oppioidi, riportandone la frequenza a livelli che sembravano superati grazie alle numerose recenti “call to action” , come sottolineato anche dal New York Times che ha definito la pandemia COVID-19 “un fattore scatenante di ricadute a livello nazionale”.
Tra le soluzioni proposte per la cura dei pazienti con dolore cronico muscolo-scheletrico, sia come conseguenza a lungo termine di un’infezione virale che come strategia di intervento per la cura del dolore pre-esistente all’infezione ma in tempi di pandemia, è stata proposta la telemedicina.
Quest’ultima è stata originariamente creata per trattare i pazienti che si trovavano in luoghi remoti, lontani dalle strutture sanitarie o in aree con carenza di medici ed altro personale sanitario. Oggi, invece, sta diventando sempre più uno strumento per dare cure mediche in tempi e costi decisamente più vantaggiosi. In realtà la telemedicina ha vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi è da annoverare il fatto che mediante la telemedicina, i pazienti percepiscono bene la qualità delle cure, l’esperienza e la credibilità del medico. Inoltre la presenza di un contatto che sia anche video oltre che audio porterebbe ad una maggiore accuratezza diagnostica delle consultazioni mediche con rischio significativamente ridotto di errori terapeutici, e ad una maggiore precisione nel processo decisionale rispetto al solo contatto telefonico. Dati recenti dimostrano che gli approcci di telemedicina sono accettati abbastanza bene dai pazienti, anche se non è ancora dimostrato che tale approccio ad esempio migliori la compliance al trattamento farmacologico. Infine è da sottolineare che la telemedicina non è ovviamente applicabile a persone con problemi sensoriali o cognitivi.
Prof. Giovanni Iolascon

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