La terapia infiltrativa intra articolare e la riabilitazione: un binomio vincente
La terapia infiltrativa intra-articolare viene ampiamente utilizzata in ambito riabilitativo, in particolare per il trattamento dell’osteoartrosi (OA).
Tale modalità di trattamento dovrebbe essere impiegata come adiuvante per il raggiungimento dell’outcome definito da un programma riabilitativo.
Allo stesso tempo, le evidenze scientifiche suggeriscono che alcune metodiche riabilitative sono in grado di incrementare il successo della terapia infiltrativa. L’OA è la patologia osteo-articolare più comune ed è tra le cause principali di dolore muscolo-scheletrico e di limitazione funzionale. Secondo le raccomandazioni delle principali linee guida (LG) internazionali il management ottimale dell’OA, in particolare localizzata all’anca o al ginocchio, richiede un approccio combinato di tipo farmacologico e non-farmacologico. Tra gli approcci non farmacologici, l’esercizio terapeutico, sia di tipo aerobico sia di rinforzo muscolare, ancora più efficace se eseguito in acqua (idrochinesiterapia), è fortemente raccomandato dalle LG dell’American College of Rheumatology (ACR). Tra gli approcci farmacologici per via infiltrativa intra-articolare, il cortisone viene raccomandato, con scarso livello di evidenze, come approccio iniziale, mentre l’acido ialuronico viene consigliato in caso di inadeguata risposta ad altri approcci conservativi.
L’efficacia dell’esercizio terapeutico nel trattamento dell’OA si basa sui seguenti meccanismi: neuromuscolare (forza, propriocezione, motor learning, shock absorbing, stabilità) con riduzione del picco di carico focale; peri-articolare (connettivo) con incremento della flessibilità che favorisce l’autonomia nelle attività della vita quotidiana (ADL); intra-articolare (cartilagine, flogosi, liquido sinoviale) con stimolazione dei tessuti con funzione di meccanosensori, che produce l’incremento della quota di proteoglicani, di acido ialuronico a più alto peso molecolare e di IL-10, e con effetto pompa a livello cartilagineo. Tali fenomeni biologici hanno effetti trofici, condroprotettivi e viscosuppletivi. L’esercizio, inoltre, migliora lo stato di salute psico-fisica, grazie all’effetto positivo sulle comorbidità, sul calo ponderale, sulle strategie di self-efficacy e sulla riduzione dei sintomi depressivi, nonché attraverso l’effetto placebo.
La terapia infiltrativa può favorire gli effetti dell’esercizio sia modulando la risposta infiammatoria (cortisone), attraverso la riduzione della concentrazione di cellule T attivate (acido ialuronico), sia migliorando le proprietà viscoelastiche e shock absorbing del liquido sinoviale (acido ialuronico) con effetti significativi sulla riduzione del dolore e sul miglioramento della funzione articolare.
Il cortisone intra-articolare (1 sola infiltrazione di 40mg di metilprednisolone) sembrerebbe favorire l’outcome riabilitativo del paziente con gonartrosi attraverso la ridotta inibizione muscolare artrogenica e l’incremento sia della soglia del riflesso di flessione sia del picco di forza del quadricipite (+25%). Sempre nella gonartrosi, l’acido ialuronico (peso molecolare 860 kd, 1 infiltrazione a settimana per 5 settimane) migliora il pattern deambulatorio, con efficacia fino a 6 mesi dal termine del ciclo di trattamento, andando a contrastare il ritardo di attivazione del quadricipite e la co-contrazione quadricipite/hamstring che favoriscono la progressione del danno articolare.
Quando impiegati in associazione, l’esercizio terapeutico e l’acido ialuronico per via intra-articolare, risultano particolarmente efficaci. In un recente studio condotto da ricercatori italiani, infatti, l’approccio combinato infiltrativo (3 infiltrazioni, a cadenza quindicinale di acido ialuronico ad alto peso molecolare) e chinesiterapico personalizzato (20 sessioni di esercizio terapeutico a cadenza pentasettimanale, basate su stretching, rinforzo muscolare isometrico, isotonico e isoelastico e rieducazione propriocettiva, la cui applicazione veniva differenziata in base al compartimento più compromesso) ha dimostrato di migliorare in modo significativo la funzione articolare già dopo 1 mese, con efficacia prolungata fino a 6 mesi dal completamento del ciclo di trattamento, rispetto ai singoli approcci (Saccomanno MF et al. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2016). In conclusione, l’approccio più adeguato al paziente artrosico deve essere multifattoriale e, per quanto più a lungo possibile, non farmacologico, secondo quanto dettato dalle LG internazionali. L’esercizio terapeutico rimane uno degli approcci di prima linea nella gestione dei disturbi muscolo-scheletrici, attraverso il miglioramento di trofismo e forza muscolare, la corretta distribuzione del carico, la riduzione del dolore e il miglioramento della funzione articolare, e le evidenze più recenti suggeriscono risultati incoraggianti in termini di efficacia della sua combinazione con la terapia endoarticolare.
Dott. Antimo Moretti
Prof. Giovanni Iolascon

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