La corretta gestione farmacologica del dolore in gravidanza rappresenta ancora argomento di discussione.

Numerosi sono gli studi che hanno indagato l’effettivo rischio dell’utilizzo di farmaci analgesici in gravidanza ma con scarsa potenza scientifica e con risultati spesso controversi. Le cause più frequenti di dolore cronico riscontrate in gravidanza sono: disturbi muscolo-scheletrici, fibromialgia, dolore neuropatico ed emicrania. I farmaci più spesso utilizzati nella pratica clinica sono i FANS, l’acido acetilsalicilico (ASA), il paracetamolo, gli oppioidi e i triptani, nella fattispecie per l’emicrania. Una recente review ha raccolto i principali lavori scientifici sugli effetti dell’utilizzo di analgesici in donne in gravidanza ed in particolar modo il rischio di aborti spontanei, malformazioni congenite e altre complicanze. I risultati mostrano una scarsa associazione tra l’uso di analgesici e il rischio di aborti spontanei, mentre ci sono maggiori evidenze sul rischio malformativo e l’utilizzo di FANS o oppioidi soprattutto nel primo trimestre di gravidanza. I trattamenti con ASA e FANS, nell’ultimo trimestre dovrebbero essere evitati visto l’aumentato rischio di sanguinamento e di prematura chiusura del dotto arterioso. Anche l’utilizzo di oppioidi non è scevro da complicanze; studi dimostrano una possibile associazione tra il loro utilizzo nel terzo trimestre e la sindrome di astinenza neonatale. Infine nel trattamento dell’emicrania è da preferire l’utilizzo di triptani, in particolare il sumatriptan, mentre scarsi sono i dati in letteratura riguardo l’uso dei derivati della segale cornuta. In conclusione l’uso di ASA e dei FANS dovrebbe essere evitato, mentre il paracetamolo è la principale opzione terapeutica a disposizione del medico in qualunque fase della gravidanza. E’ comunque auspicabile l’esecuzione di studi più approfonditi per fare chiarezza su tale argomento.