Il dolore nell arte
La sofferenza è stata spesso oggetto di rappresentazione nell’arte, in ogni sua forma. L’uomo, diversamente dall’animale, non subisce soltanto, ma rappresenta il dolore, lo ripresenta. Creare immagini, narrazioni è il risultato di un processo in cui si collegano il sentimento della vita, la ferita introdotta in questa dalla sofferenza ed il bisogno di uscire dalla forza annientante del dolore.Aristotele, ad esempio, sottolineava l’effetto catartico sugli spettatori delle tragedie, in cui si metteva in scena in maniera grandiosa il dolore inferto, anche agli eroi, dai colpi di un destino cieco e indifferente alla forza e alla saggezza dell’individuo.
La rappresentazione tragica ripresentando in immagine vicende dolorose e terribili, offriva una sorta di liberazione (la “katarsi”) in quanto presentava i dolori degli eroi come condizione comune dell’esistenza umana, determinando un alleggerimento degli affanni. Il dolore, fisico o morale, è probabilmente uno degli aspetti della vita più rappresentati nelle opere d’arte, la sua raffigurazione è profondamente cambiata nei secoli, in quanto, oltre ai diversi stili, muta anche il modo di “sentire” di ogni epoca.Nell�antichit� classica, dove prevaleva una corporeit� idealizzata, universale, dove la statuaria greca ci mostra il bello ideale, il giovane dal corpo perfetto, sono rari i momenti in cui viene espresso il dolore. Un dolore che, sia esso fisico del morente o interiore, � anche questo sublimato attraverso un tema eroico, o una drammatizzazione dell�immagine. Tutto ci� � ben visibile nel �Gruppo del Laocoonte�, databile al I secolo d.C. e conservato nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani, a Roma.
La scultura raffigura un episodio narrato da Virgilio nell��Eneide�. Il veggente Laocoonte aveva messo in guardia i troiani sulla provenienza del mitologico cavallo cos� Atena, che parteggiava per i greci, mand� due enormi serpenti marini a punirlo: questi avvinghiarono i suoi due figli e quando egli accorse in loro aiuto fu stritolato assieme ad essi. La compostezza delle espressioni non rispecchia il terribile dolore fisico a cui Laocoonte e i due fanciulli sono sottoposti, n� rispecchia la lettera virgiliana che narra di urla strazianti. Al contrario quel che la scultura rappresenta � la sofferenza conciliata con l�ideale di bellezza classica: Laocoonte non pu� dunque urlare sguaiatamente tutto il suo dolore, deve limitarsi ad esprimerlo tramite i contorcimenti del proprio corpo.
Solo con il Cristianesimo il dolore, morale e in particolar modo fisico, diventa una condizione creata da uno stato d�animo interiore: non dimentichiamo, per�, che nel medioevo il modo di rappresentare la sofferenza escludeva un uso eccessivo della drammaticit�. Nel Medioevo l�iconografia del dolore � ben rappresentata dall�evento drammatico per eccellenza nella nostra cultura: la morte del Cristo. Un esempio notevole � il �Compianto sul Cristo morto� realizzato da Giotto nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova in cui sono presenti �gesti drammatici e bellissimi, i particolari degli angioletti che pregano, ma tutto � un po� plasticato, convenzionale, pure se immagini molto nuove da un punto di vista iconografico�. Fin dal Medioevo la tendenza � quella di rappresentare figure pi� composte e rassegnate alla sofferenza Lo stesso tema � presente anche nel soggetto iconografico della �Piet��, il modello di vita diventa il Cristo sofferente, il cui dolore assume una funzione salvifica. La salvezza consiste appunto nell� imitatio Christi . Il problema allora non � liberarsi dal dolore, ma accettarlo e farlo fruttare come strumento di redenzione. Ricorda Hegel nell� Estetica che nell�espressione artistica �non si pu� raffigurare il Cristo flagellato, coronato di spine, crocifisso, agonizzante nelle forme della bellezza greca�. Questa accettazione della �bruttezza� di Cristo non � per� stata immediata. L�arte paleocristiana si era limitata all�immagine idealizzata del Buon Pastore.
La crocifissione non era ritenuta un soggetto iconografico accettabile e la si evocava al massimo attraverso il simbolo astratto della croce. Solo nei secoli del Medioevo pi� maturo si riconosce nel Cristo in croce un uomo vero, battuto, insanguinato, sfigurato dai patimenti, e la rappresentazione sia della crocifissione sia delle varie fasi della passione diventa drammaticamente realistica.
C�� poi la rappresentazione del dolore fisico ad opera dei grandi maestri dei supplizi, il cui esempio pi� evidente sono le opere che ritraggono San Sebastiano come quella di Antonello da Messina: l�espressione del Santo non esprime sofferenza, semmai una pacata rassegnazione al martirio.
Per passare a un dolore espresso, cio� a una sofferenza, bisogna arrivare al Romanticismo. � solo con il Romanticismo che la malinconia, il dolore psichico e il male di vivere trovano un loro posto nell�arte. Il dolore interiore caratterizzer� alcune tra le migliori opere d�arte dell�ultima parte dell�Ottocento e dei primi del Novecento.
La profonda afflizione dell�anima caratterizza la pittura di Vincent Van Gogh fin dalle sue prime opere. � del 1882 la litografia su cui egli stesso incide a chiare lettere �Sorrow� (�Dolore�): ritrae la prostituta Clasina Maria Hoornik detta Sien, per qualche tempo compagna di vita del pittore, in un nudo dolente e carico di disperazione.
Nel primo decennio del Novecento le avanguardie artistiche esplodono fragorosamente, rompendo ogni convenzione di rappresentazione naturalistica attraverso l�uso distorto del colore e della forma.
Citando le parole di Hermann Bahr a proposito degli anni Dieci: “Mai vi fu epoca pi� sconvolta dalla disperazione e dall�orrore della morte. L�uomo chiede urlando la sua anima, un solo grido d�angoscia sale dal nostro tempo. Anche l�arte urla nelle tenebre: � l�’espressionismo.”
Pienamente rappresentativa di questo grido di dolore del proprio tempo � l�arte di quest�epoca di Emil Nolde. Inizialmente ispirato dall�arte egizia, da Goya e dal suo stile grottesco nonch� dai pi� contemporanei impressionisti, il suo stile evolve ispirandosi per i colori, sempre pi� intensi, a Gaugin e Munch, e per il carattere drammatico delle opere � accentuato anche dalla sua malattia �alla pittura di Van Gogh. Il suo capolavoro, �La vita di Cristo� (datato 1911-12), fu definita da un critico il risultato artistico di un �malato�.
Le tele di Nolde in realt� miravano a far trasparire dai contenuti un�azione di denuncia sociale, utilizzando come tutti gli artisti Espressionisti gli �occhi dell�anima� per leggere la realt�. Non � un caso che proprio le opere di questo movimento sono le pi� presenti tra quelle bollate dal Nazismo come �arte degenerata �, in quanto rifletteva valori o estetiche contrarie agli ideali di purezza e bellezza della razza ariana:
“Vietato rappresentare la sofferenza emotiva”
Un altro artista sembra essere l�emblema della sofferenza: si tratta del norvegese Edvard Munch. Il suo dipinto pi� famoso � senz�altro �il grido�, in cui � raffigurato un uomo colto in un momento di totale terrore e sconforto che gli strappano un urlo di lancinante angoscia.
L�’angoscia del male di vivere non � pi� un sentimento da mascherare o abbellire, ma da gridare attraverso la tela con il tratto che si fa frammentato, il colore che aggredisce la vista dello spettatore, il soggetto che ci ferisce nel profondo. Riporta alla mente il pensiero di Publio Sirio: �
Il dolore dell�anima � pi� grande che la sofferenza del corpo.�
Uno degli esempi pi� alti di sofferenza e tormento � senz�altro rappresentato dalla �Guernica� di Picasso (Museo Nazionale Regina Sofia, Madrid). Il quadro, dipinto nel 1937, � un vero e proprio manifesto contro il regime dittatoriale di Francisco Franco e, pi� in generale, contro le violenze e i totalitarismi dilaganti in Europa dagli anni �30. Diventa un atto di accusa contro la guerra stessa ed � stato realizzato per rendere omaggio alle 1600 vittime civili del bombardamento dell�omonima citt�, durante a guerra civile spagnola (1936-1939).
Il quadro rappresenta le grida di dolore di uomini, donne e bambini che cadono sotto le bombe, ammassati gli uni sugli altri, sulle macerie delle proprie case. I visi sono abbozzati e deformi, i corpi sventrati appena accennati, gli occhi e le bocche sbarrate. La mancanza di colore (solo bianco, grigio e nero), mette in risalto le figure contorte e l�assenza di vita.
Per chiudere questo viaggio nel tempo e nell’arte , dato il contesto, � appropriato concludere ricordando la pittrice messicana Frida Kahlo (1907-1954)che ebbe la vita segnata dalla sofferenza fisica: a 6 anni la poliomelite le lasci� tracce indelebili alla gamba destra, un pauroso incidente le frattur� in pi� punti la colonna vertebrale e il bacino, fu sottoposta a 32 operazioni, ebbe tre aborti e negli ultimi anni della sua vita fu costretta a portare un busto d’acciaio e a subire l’amputazione di una gamba.
Dotata di grande ironia affermava: ” ho provato ad affogare i miei dolori, ma hanno imparato a nuotare”
Assolutamente di forte impatto emotivo e autobiografico �la colonna spezzata� (1944)
Nell’opera l’artista ha dipinto se stessa imprigionata in un busto d’acciaio che nello stesso tempo la tiene insieme, lo squarcio rende visibile le fratture della colonna e dai suoi occhi sgorgano lacrime. La sofferenza fisica, la malattia, la desolazione, la solitudine, sono le tematiche che ricorrono nelle sue opere nelle quali esprime, sublima e allevia il suo dolore.
Carmen Gatto

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