Raccomandazioni della ACP sulla cura della lombalgia
Per questa nuova newsletter ho deciso di presentarvi la proposta fatta dai medici internisti americani di nuove raccomandazioni per la gestione del paziente affetto da mal di schiena.
Ritengo che per il prestigio dell’associazione medica e per la valenza della rivista sulla quale sono state pubblicate (Annals of Internal Medicine), meritino tutta la vostra attenzione.
Esse nascono anche dalla preoccupazione, molto sentita negli USA, dell’abuso in genere dei farmaci , ed in particolare degli oppioidi, per la cura di sindromi dolorose, che potrebbero essere meglio gestite con approcci diversi.
La lombalgia (o più genericamente “mal di schiena”) è probabilmente la più comune delle patologie dolorose, risparmiando ben poche persone. A tale capillare diffusione si contrappone, ancora oggi, una considerevole ignoranza della scienza medica nel chiarirne l’etiopatogenesi e perfino la stessa definizione. Accanto a lombalgie da causa nota, come ad esempio una spondilite, una lesione traumatica, infettiva o neoplastica, esiste un mare magnum di lombalgie a patogenesi non chiara.
La lombalgia che non riconosce una precisa diagnosi etiologica viene, in letteratura internazionale, indicata come “non-specifica”. Questi è un termine ombrello che raccoglie la maggior parte delle sindromi dolorose del rachide basso, non collegate a specifici eventi patologici causali, e che ha pertanto una prevalenza molto alta (almeno un episodio in circa l’84% della popolazione e in forma di dolore cronico nel 23%) (Balagué et al. Non-specific low back pain. Lancet. 2012).
Una cosi alta frequenza giustifica l’ampia gamma di terapie disponibili per alleviare il dolore spesso invalidante della persona affetta: paracetamolo, FANS, oppioidi maggiori e minori, antidepressivi, anticonvusivanti, miorilassanti, glucocorticoidi, terapie fisiche, medicina complementare ed alternativa, approcci psico-comportamentali, esercizio terapeutico e cosi via per arrivare fino alla terapia chirurgica più o meno complessa. I risultati dei vari approcci terapeutici sono spesso contradditori, in particolare nelle forme croniche del dolore lombare aspecifico.
Recentemente l’American College of Physicians (ACP) ha proposto delle linee guida per il trattamento non invasivo della lombalgia, acuta e cronica, e le conseguenti raccomandazioni cliniche, avallate da prove scientifiche.
La metodologia utilizzata è scientificamente molto robusta poiché le raccomandazioni si sono basate su una revisione sistematica di studi clinici controllati, randomizzati sui trattamenti farmacologici e non farmacologici comunemente utilizzati per la cura della lombalgia; la revisione della letteratura è stata eseguita fino al novembre 2016 ed è pertanto molto recente.
Gli esiti clinici inclusi dovevano avere come outcome la riduzione o l’eliminazione del dolore lombare, il miglioramento della funzionalità del rachide lombare, il miglioramento della qualità di vita correlata allo stato di salute, la riduzione dell’assenteismo dal lavoro e dei relativi tempi di rientro alla consueta attività lavorativa, la riduzione del numero di episodi di mal di schiena o dell’entità dolorosa degli stessi, il livello di soddisfazione del paziente per il trattamento effettuato, ed infine la comparsa di eventi avversi durante la terapia specifica per la lombalgia.
Tre sono state le raccomandazioni fondamentali ricavate da quest’accurata disamina della letteratura scientifica.
Raccomandazione 1(Grado: forte raccomandazione)
Considerando che la storia naturale della lombalgia sia acuta che subacuta procede comunemente verso un progressivo miglioramento, indipendentemente dal trattamento, i medici ed i pazienti dovrebbero concordare per la scelta di un trattamento non farmacologico. A tal fine la scelta terapeutica potrà essere:
– la terapia fisica con calore superficiale (prova di qualità moderata),
– il massaggio, l’agopuntura, la manipolazione vertebrale (prove di bassa qualità).
Se si opta per un trattamento farmacologico, i medici ed i pazienti dovrebbero selezionare di preferenza i farmaci antinfiammatori non steroidei o i miorilassanti (prova di qualità moderata).
Raccomandazione 2 (Grado: forte raccomandazione)
Per i pazienti con lombalgia cronica, medici e pazienti inizialmente dovrebbero scegliere un trattamento non farmacologico quale:
- esercizio fisico, approcci riabilitativi multidisciplinari, agopuntura, tecniche di riduzione dello stress mindfulness-based (prove di moderata qualità),
- tai chi, yoga, esercizi per il controllo motorio, esercizi di rilassamento progressivo, biofeedback-elettromiografico, terapia con laser a bassa intensità, la terapia cognitivo-comportamentale, o la manipolazione spinale (prove di bassa qualità).
Raccomandazione 3 (Grado: debole raccomandazione)
Nei pazienti con lombalgia cronica che hanno avuto una risposta inadeguata alla terapia non farmacologica, si dovrebbe prendere in considerazione il trattamento farmacologico con farmaci anti-infiammatori non steroidei, come terapia di prima linea, o tramadolo o duloxetina, come terapia di seconda linea. I medici dovrebbero prendere in considerazione gli oppioidi come opzione solo in pazienti “lombalgici” cronici che: non rispondano ai trattamenti sopra-elencati, qualora i potenziali benefici superino i rischi, e dopo una realistica discussione sul rapporto rischi/benefici con i pazienti.
Le raccomandazioni riportate rappresentano un vero e proprio giro di boa nella gestione di una patologia così diffusa. Esse propongono un approccio conservativo che limita di molto l’accesso alla terapia farmacologica in favore di un approccio misto, riabilitativo e cognitivo-comportamentale. Inoltre propongono, laddove necessario, una terapia con FANS quale prima scelta del trattamento farmacologico , raccomandando una riduzione dell’uso di oppioidi, che andranno riservati a quelle situazioni cliniche nelle quali ogni altro approccio conservativo e farmacologico sia fallito.
Noninvasive Treatments for Acute, Subacute, and Chronic Low Back Pain: A Clinical Practice Guideline From the American College of Physicians Amir Qaseem et al for the Clinical Guidelines Committee of the American College of Physician.
Professor Giovanni Iolascon

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