L’UTILIZZO DELLE ONDE D’URTO NELLE PATOLOGIE MUSCOLO SCHELETRICHE
Le onde d’urto in medicina sono note fin dagli anni ‘70, quando in Germania Haeusler E., e Kiefer W. riportarono la prima frantumazione in vitro di un calcolo renale tramite onde d’urto senza contatto diretto, (Anno 1971), tale intuizione fu così prodigiosa ed ebbe così ampio successo che ad oggi rappresentano la terapia non invasiva standard per il trattamento di tale patologia. Successivamente esse continuarono ad essere studiate finché negli anni ‘90 vennero applicate in ambito muscolo-scheletrico per i ritardi di consolidazione ossea e per le calcificazioni tendinee. Arrivarono in Italia negli anni ‘90 grazie alla Scuola del Prof. Bruno Corrado dell’Università di Napoli.
Dal punto di vista fisico, l’onda d’urto è definita come un’onda acustica sul cui fronte di avanzamento la pressione si eleva, in frazioni di nanosecondi (10-9 secondi), dal livello della pressione atmosferica (1,01-1,02 bar) sino a valori compresi fra 10 e 100 MegaPascal (1 Mpa = 10 bar), ossia fino a 100-1000 volte la pressione atmosferica.
Dal punto di vista classificativo bisogna distinguere tra onde d’urto focali e onde d’urto radiali. Le prime sono onde d’urto generate da generatori piezoelettrici, elettroidraulici o elettromagnetici e tramite un puntatore vengono veicolate in profondità all’interno del tessuto bersaglio con intensità variabile tra 0,08 mj/s e i 0,30 mj/s. Le onde d’urto radiali vengono generate da un generatore meccanico e non vengono veicolate in profondità, bensì hanno azione superficiale sui tessuti, soprattutto meccanica con intensità tra i 500 e 1500 bar.
Le onde d’urto focali sono utilizzabili dal punto di vista terapeutico solo dal medico chirurgo, mentre le onde d’urto radiali possono essere utilizzate oltreché dal medico anche dal fisioterapista.
La velocità di propagazione dell’onda d’urto è determinata dal mezzo in cui si propaga e dall’intensità dell’onda stessa. Le pareti cellulari, che hanno uno spessore di pochi strati molecolari, vengono così sottoposte a elevati gradienti pressori al passaggio dell’onda d’urto (effetto diretto).
Oltre a questo effetto diretto, vi è un effetto indiretto che si esplica attraverso l’interazione delle microscopiche bolle di gas che nascono al passaggio dell’onda. Il sopraggiungere di una successiva onda d’urto a elevata pressione, che colpisce la bolla gassosa, la deforma e ne provoca il collasso, inducendo l’effetto cavitazionale il quale a sua volta induce un effetto di attivazione cellulare con effetto di meccano-trasduzione. E’ proprio grazie a questi fondamenti fisici che le onde d’urto hanno trovato applicazione sempre maggiore e sono cresciuti negli anni gli studi scientifici che hanno chiarito il loro reale meccanismo di funzionamento nei tessuti umani.
Per esempio, a livello del tessuto osseo, in presenza di un ritardo di consolidazione, l’effetto cavitazionale determina la rottura dei cristalli di idrossiapatite con liberazione di microcristalli. Questo fenomeno sarebbe responsabile di un’espansione del numero dei nuclei di aggregazione calcica con riattivazione e ampliamento della risposta osteogenica.
A questo proposito nel 2009 Cacchio et al., aveva condotto uno studio RCT di elevata qualità in pazienti con pseudoartrosi su frattura post-traumatica di ossa lunghe, suddividendolo in 3 gruppi da 40 pazienti, i primi due gruppi avevano subìto trattamento con onde d’urto a diverse intensità, mentre il terzo gruppo era stato sottoposto a revisione chirurgica1. A distanza di 12 e 24 mesi di follow-up tutti e tre i gruppi avevano risolto il loro ritardo di consolidazione valutando i segni radiografici, ma i pazienti dei gruppi trattati con onde d’urto presentavano meno dolore e miglior funzionalità rispetto al gruppo che aveva subito revisione chirurgica.
Sotto questa ottica si possono considerare le onde d’urto come ottima alternativa alla chirurgia nelle patologie da ritardo di consolidazione ossea, alla luce delle minori complicanze infettive e post-operatorie.
Anche Moretti et al., nello stesso anno, in un case series di oltre 200 pazienti, aveva indagato l’efficacia dell’utilizzo delle onde d’urto nei ritardi di consolidazione trovandole efficaci nell’ 80% delle fratture già dopo 45 giorni di distanza dall’ultima seduta 2.
Nel 2015 Thiele et al. ha condotto uno studio sull’osteocondrite dissecante di caviglia e di ginocchio in un gruppo di 40 pazienti sottoposto ad una seduta di onde d’ urto focali (2500 colpi a 0,35 mj/s).
Il subjective score ha mostrato un miglioramento del dolore post trattamento sia a riposo (tutti i pazienti non avevano dolore), che durante l’esercizio fisico (38% dei pazienti aveva lieve dolore durante attività fisica), inoltre si è avuto un miglioramento del gonfiore nel 50% dei pazienti trattati; questo lavoro ha concluso che le onde d’urto sono e sicure nel trattamento dell’ osteocondrite dissecante e, ancora una volta, utilizzabili prima di prendere in considerazione l’opzione chirurgica 3.
Ancora riguardo alle patologie di interesse ortopedico, una review di elevata qualità di Leal et al. del 2015 ha mostrato i risultati di numerosi studi su pazienti affetti da fratture da stress trattati con onde d’urto focali, concludendo che esse possono ritardare e spesso evitare l’intervento chirurgico 4.
Diversi studi inoltre, hanno dimostrato l’effetto antinfiammatorio nei tessuti molli colpiti dall’onda d’urto, legato al fenomeno di neo-capillarogenesi, e dell’aumento del metabolismo del microcircolo, indotta da un aumento dell’ESAF, del VEGF liberato dalle cellule endoteliali danneggiate e dai fibroblasti, con incremento del flusso ematico e conseguente eliminazione dei mediatori chimici dell’infiammazione. Studi sperimentali più recenti hanno proposto un possibile collegamento tra l’azione delle onde d’urto e la produzione di nitrossido d’azoto nei tessuti colpiti. Dalla concentrazione di questo composto chimico deriverebbe una cascata di reazioni, responsabili della risposta angiogenetica, citotossica e neuromodulante.
Riguardo l’effetto analgesico delle onde d’urto sono state formulate diverse ipotesi. Tra le più accreditate vi è la teoria dell’analgesia da iperstimolazione. Secondo questa teoria, una stimolazione dolorosa particolarmente intensa, trasmessa al cervello attraverso i cordoni posteriori del midollo spinale, può attivare un sistema inibitorio discendente in grado di bloccare una successiva trasmissione di stimoli nocicettivi nei cordoni posteriori del midollo spinale. L’analgesia così ottenuta permette di migliorare la funzionalità articolare.
Date queste premesse, e questi razionali di utilizzo, ad oggi, le onde d’urto trovano applicazione pratica negli ambulatori di medicina fisica e riabilitazione come terapia fisica tra le più valide e con crescente interesse da parte della comunità scientifica internazionale.
Nel 2016 una metanalisi di RCT di Jing Lou et al. ha mostrato efficacia con massimo livello di evidenza sulla fascite plantare alle scale valutative degli outcome di dolore e di funzionalità, concludendo che seppur maggiormente costese dei trattamenti tradizionali per la fascite plantare, esse sono maggiormente efficaci 5.
Nel 2015 una review di RCT di L. Gerdesmeyer et al ha evidenziato l’efficacia nell’utilizzo di onde d’urto sulla tendinopatia achillea per quanto riguarda dolore e funzionalità 6.
Riguardo la tendinopatia rotulea Leal et al nel 2015 hanno pubblicato una review che mostra la loro reale efficace solo in fase cronica di malattia sugli outcome dolore e funzionalità e minor efficacia nella tendinopatia rotulea acuta 7.
Lo stesso risultato è stato mostrato nella review di RCT di Thiele del 2015 che mostra ottimi risultati in termini di dolore e funzionalità nell’epicondilite laterale di gomito cronica 8. Numerose evidenze scientifiche sono a supporto dell’utilizzo delle onde d’urto sulla tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori, mentre non vi sono evidenze di efficacia sulla tendinopatia della cuffia dei rotatori non calcifica come evidenziato dalla review del 2014 da Raveendhara R. et al 9. Vi sono studi scientifici che supportano l’utilizzo delle stesse nella sindrome del gran trocantere; come mostrato J. Rompe in un RCT del 2009, le onde d’urto sono più efficaci in termini di dolore e funzionalità delle infiltrazioni di cortisone nella borsa trocanterica nella sindrome del gran trocantere 10.
Oltre alle patologie muscolo-scheletriche le onde d’urto stanno subendo un importante interesse in ambiti estetici, dermatologici, cardiologici, neurologici ed internistici, motivo per il quale la società internazionale ne ha regolamentato l’utilizzo per patologia.
Come accennato, dunque, la International Society for Medical Shockwave Treatment nel 2016 tramite una consensus di esperti internazionali ha stilato le indicazioni standard per l’utilizzo delle onde d’urto, le indicazioni empiriche, le indicazioni eccezionali e le controindicazioni per il loro utilizzo.
Ad oggi, le onde d’urto hanno indicazioni standard internazionalmente accettate nel trattamento di tendinopatie croniche (tendinopatia calcifica di spalla, epicondilopatia laterale di gomito, sindrome del gran trocantere, tendinopatia achillea, fascite plantare con o senza sperone calcaneare), nelle patologie ossee (ritardo di consolidazione, pseudoartrosi, fratture da stress, necrosi avascolare ossea, osteocondrite dissecante), nelle patologie della cute (ferite non guarite, ulcere cutanee, ustioni).
Le indicazioni di utilizzo clinico empiricamente testato invece sono per: tendinopatie (tendinopatie della cuffia senza calcificazioni, epicondilite mediale del gomito, tendinopatia adduttoria, tendinopatia della zampa d’oca, tendinopatia dei peronei, tendinopatia di piede e caviglia), patologie ossee (sd da edema osseo, malattia di Osgood Schlatter, sd da stress tibiale mediale), patologie della cute, patologie muscolari (sindrome miofasciale, lesioni muscolari senza discontinuità).
Hanno indicazioni eccezionali in altre patologie muscolo-scheletriche (artrosi, malattia di Dupuytren, malattia di Ledderhose, sd di De Quervain, dito a scatto), patologie neurologiche (spasticità, polineuropatie, malattia di Peyronie), linfedema.
Vi sono indicazioni sperimentali per: ischemia miocardica, lesioni nervose periferiche, patologie spinali, calcificazioni cutanee, patologie parodontali, patologie mandibolari, osteoporosi.
Mentre ad oggi, le controindicazioni sono per pazienti con pace-maker, tumori, gravi coagulopatie, gravidanza (se presenza di feto in prossimità dell’area da trattare).
Si può concludere che negli ultimi anni vi è sempre un maggior interesse per l’utilizzo delle onde d’urto in ambito muscolo-scheletrico per via del loro effetto biologico sui tessuti danneggiati, alcuni le considerano l’alternativa futura ad alcuni tipi di chirurgia, tuttavia è importante continuare a stimolare la comunità scientifica a produrre lavori che supportino la loro reale efficacia e ne studino gli effetti a lungo termine.
BIBLIOGRAFIA:
1) Cacchio A , Giordano L , Colafarina O, et al. Extracorporeal Shock-Wave Therapy Compared with Surgery for Hypertrophic Long-Bone Nonunions. J Bone Joint Surg Am. 2009; 91:2589-97
2) Moretti B , Notarnicola A, Moretti L, et al. Bone healing induced by ESWT. Mini review. Clinical Cases in Mineral and Bone Metabolism. 2009; 6(2): 155-158.
3) Thiele S, Thiele R, Gerdesmeyer L et al. Adult osteochondritis dissecans and focussed ESWT: A successful treatment option. International Journal of Surgery. 2015; 191e194.
4) Leal C, D’Agostino C, Gomez Garcia S . Current concepts of shockwave therapy in stress fractures. International Journal of Surgery. 2015;195-200.
5) Jing L, Shuai W, Shuitao L, et al. Effectiveness of Extracorporeal Shock Wave Therapy Without Local Anesthesia in Patients With Recalcitrant Plantar Fasciitis; A Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials. Am J Phys Med Rehabil. 2016;00: 00–00.
6)Gerdesmeyer L , Mittermayr R, Fuerst M , et al. Current evidence of extracorporeal shock wave therapy in chronic Achilles tendinopathy. International Journal of Surgery. 2015;154e159.
7) Leal C, Ramon S, Furia J, et al. Current concepts of shockwave therapy in chronic patellar tendinopathy. International Journal of Surgery. 2015; 160e164.
8) Thiele S, Thiele R, Gerdesmeyer L . Lateral epicondylitis: This is still a main indication for extracorporeal shockwave therapy. International Journal of Surgery. 2015;165-170.
9) Raveendhara R. B, Flavin E N, Vaysbrot E. High-Energy Extracorporeal Shock-Wave Therapy for Treating Chronic Calcific Tendinitis of the Shoulder. A Systematic Review. 2014. Ann Intern Med. 2014;160:542-549.
10) Rompe J D, Segal N A, Cacchio A. Home Training, Local Corticosteroid Injection, or Radial Shock Wave Therapy for Greater Trochanter Pain Syndrome. The American Journal of Sports Medicine.2009;Vol37;N 10.
Professor Stefano Masiero

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